I Principi della Radiologia

 

I Raggi X

La radiologia sfrutta l’interazione del corpo umano con fasci di particolari onde elettromagnetiche, dette raggi x, la cui lunghezza d’onda è assai più corta di quella delle onde radio e della luce e appartiene alla banda compresa fra 0,001 e 1 nm. Di conseguenza, vista la proporzionalità inversa tra lunghezza d’onda e frequenza, possiamo anche definire i raggi x come onde elettromagnetiche ad alta frequenza.

I raggi x vengono prodotti in appositi tubi radiologici che sono delle ampolle di vetro sotto vuoto spinto nelle quali si applica una elevata differenza di potenziale elettrico (decine di migliaia di volt). Questa ha l’effetto di accelerare fortemente un fascio di elettroni emessi da una spiralina incandescente: gli elettroni vanno così a colpire ad alta energia un bersaglio formato da un metallo pesante, in genere tungsteno, il quale, per un fenomeno fisico assai complesso, emette radiazioni che appartengono appunto alla banda dei raggi x.

La generazione dei raggi x negli apparecchi radiologici è quindi un fenomeno strettamente governato dall’uomo, nei suoi parametri fisici, nella sua intensità e nella sua durata: i raggi x si formano nel tubo ed escono solo nel momento in cui, schiacciando un pulsante, si determina la formazione dell’alta tensione e il flusso di elettroni. Il tubo e l’apparecchio radiologico spenti o inattivi non sono radioattivi e non emettono raggi.

Raggi x, radiazioni e energia Ricordiamo una importante legge fisica che esprime la relazione che lega la frequenza (n) e l’ energia (E) dell’ onda:

E = hn

ove h è la costante di Planck ed è un valore numerico universale. Ne deriva che, essendo i raggi x onde elettromagnetiche ad alta frequenza, ad essi è associata una energia molto elevata. Per questo motivo i raggi x, che nella loro interazione con la materia cedono una notevole quantità di energia, sono in grado di determinare la ionizzazione degli atomi, cioè la formazione di coppie di ioni e di radicali liberi, con conseguenze anche gravi sulla struttura dei costituenti biochimici della cellula e sulla salute del vivente. Questi effetti biologici delle radiazioni ionizzanti sono più marcati sulle cellule ad alta attività proliferativa e spiegano sia il loro impiego per la radioterapia delle neoplasie che la spiccata sensibilità al danno radiante delle cellule in fase di rapida crescita come il midollo osseo emopoietico, la mucosa intestinale e i gameti.

L’ energia rilasciata dai raggi x all’ interno del corpo viene espressa dalla dose: questa si misura in Gray (1 Gy = 1 J/kg). Le dosi impartite dalla maggior parte degli esami radiologici di uso comune (ossa, torace, mammografia, apparato digerente, etc.) sono comprese fra 1 e 10 mGy. Esami di grande impegno come la TC di distretti estesi (torace, addome) o l’ arteriografia impartiscono dosi alcune volte maggiori. Giova ricordare che le dosi radianti minime per le quali sia stato dimostrato un effetto lesivo sulle cellule sono superiori di molte diecine di volte rispetto a quelle impiegate in radiodiagnostica.

La presenza di importanti effetti fisici e biologici determinati dai raggi x e dalle radiazioni ionizzanti giustifica le limitazioni e i meccanismi di controllo che regolano il loro impiego. In campo sanitario, l’esercizio professionale della radiologia e della radioterapia è riservato ai medici in possesso dei relativi diplomi di specializzazione. I medici e gli odontoiatri possono comunque utilizzare apparecchi radiologici per l’esame dei propri pazienti in via collaterale alla propria attività clinica e nel rispetto di precise normative. L’esecuzione materiale delle radiografie e dei trattamenti radioterapici è affidata esclusivamente a personale specializzato (Tecnici Sanitari di Radiologia Medica) che giunge a questo titolo dopo un corso triennale di Diploma Universitario.

I raggi x e la materia Abbiamo visto che l’effetto ultimo dei raggi x sulla materia è la ionizzazione degli atomi con formazione di radicali liberi. In pratica, questa interazione avviene secondo due fenomeni differenti:

  • a basse energie del fotone x, questo viene arrestato completamente dall’atomo colpito, che si ionizza (effetto fotoelettrico)
  • a energie maggiori, il fotone x interagisce con l’atomo bersaglio determinandone la ionizzazione e perdendo parte della sua energia, ma prosegue comunque il suo cammino con energia ridotta e con direzione casuale (effetto Compton).

In entrambi i casi, il risultato finale di questi fenomeni è la ionizzazione della materia. Tuttavia, nell’interazione per effetto Compton la formazione di un fotone x secondario (“radiazione diffusa”) dà origine a gravi problemi per la creazione delle immagini e per la radioprotezione. Nelle immagini radiografiche la radiazione diffusa causa infatti un effetto di disturbo perchè impressiona la pellicola in modo casuale e uniforme determinandone velatura e perdita di contrasto. Per ridurre questa conseguenza è necessario impiegare particolari accorgimenti tecnici (griglie fisse e mobili) che comunque non possono mai eliminarla completamente. La presenza della radiazione diffusa complica anche molto seriamente la radioprotezione, poiché non è sufficiente proteggersi dal fascio di raggi x che esce dal tubo radiologico (“fascio primario”) ma è necessario schermarsi anche dalle radiazioni emesse da tutti i corpi colpiti dai raggi x, radiazioni che vengono emesse in ogni direzione dello spazio.

Formazione delle immagini radiografiche La diagnostica radiologica richiede la creazione di immagini radiografiche, che rendano visibili le modificazioni indotte dal corpo umano sul fascio di raggi x: è su queste immagini che il radiologo formula la propria diagnosi.

Le immagini vengono ottenute utilizzando delle strutture, chiamate rivelatori, capaci di convertire il segnale dei fotoni x, non visibili, in una immagine visibile. Di ogni rivelatore importa valutare l’efficienza e il potere di risoluzione. La prima esprime la capacità del sistema di fornire una immagine sufficientemente luminosa perchè l’occhio umano possa valutarla ai fini diagnostici. Aumentando l’efficienza del rivelatore si riduce la dose di radiazioni da impartire al paziente per ottenere una immagine diagnosticamente valida. Il potere di risoluzione esprime invece la fedeltà di trasferimento dell’informazione spaziale (dettaglio) da parte di un sistema di rivelazione. Aumentando il potere di risoluzione aumenta la finezza dell’immagine e quindi, in molti casi, aumenta la precisione diagnostica.

Le immagini radiografiche si suddividono inoltre in:

  • immagini cinetiche o dinamiche, che rappresentano in tempo reale l’esame eseguito e il movimento degli organi
  • immagini statiche, che forniscono un documento stabile del quadro interno del corpo umano: queste possono essere acquisite anche durante una indagine dinamica.

Le immagini di tipo cinetico o dinamico richiedono l’utilizzo di un sistema per radioscopia, basato sull’impiego un rivelatore che fornisce luce in corrispondenza dei punti in cui riceve raggi x. In passato si usavano lastre ricoperte da sostanze fotoemittenti poste direttamente di fronte al paziente lungo il cammino dei raggi e osservate al buio. Oggi questi sistemi, poco efficienti e fortemente irradianti, sono stati completamente abbandonati e sostituiti dall’abbinamento della lamina fotoemittente con un tubo elettronico fotomoltiplicatore (“amplificatore di brillanza”) il cui segnale luminoso di uscita viene spesso raccolto da una videocamera e trasmesso via cavo. Si ottiene così, con la “radioscopia televisiva” la protezione totale dell’operatore e una notevole riduzione della dose radiante al paziente, che viene quasi sempre esaminato in una sala adiacente schermata utilizzando apparecchi telecomandati.

Le immagini statiche vengono ottenute impiegando, nella maggior parte dei casi, delle pellicole radiografiche: queste non sono altro che pellicole fotografiche in bianco e nero emulsionate su entrambe le facce. Poiché le pellicole sono assai più sensibili alla luce che alle radiazioni x, questa propietà viene utilizzata esponendole ai raggi insieme a due lamine fotoemittenti (“schermi di rinforzo”) contenute in una scatola protettiva a tenuta di luce detta “cassetta radiografica”. Buona parte dell’esposizione e dell’annerimento della pellicola sono determinati in questo modo non dall’azione diretta dei raggi x ma dalla luce emessa dagli schermi di rinforzo quando sono colpiti dai raggi. E’ stato così possibile, impiegando in particolar modo schermi di rinforzo ad alta sensibilità ed efficienza (schermi alle “terre rare”) ridurre fortemente la dose di radiazioni somministrata al paziente.

La radiologia digitale Negli ultimi anni sono stati introdotti e vengono impiegati in maniera crescente dei sistemi di rivelazione delle immagini basati sull’uso del computer e di sensori ad esso collegati (“radiologia digitale”).

Un sistema digitale molto noto e utilizzato da tempo è costituito dalla Tomografia Computerizzata (TC), indagine nella quale un tubo radiogeno ruota intorno al corpo del paziente emettendo un sottile fascio di raggi x. Dall’altra parte del corpo una corona di sensori radiosensibili collegati al computer misura l’intensità dei raggi che hanno attraversato il paziente punto per punto. Questo insieme di dati viene raccolto e rielaborato dal computer che, grazie a un complesso sistema di calcolo matematico, è in grado di ricostruire la distribuzione delle densità radiografiche all’interno della sezione del corpo attraversata dai raggi e quindi ne crea l’immagine virtuale su un monitor.

In altri sistemi digitali più recenti, l’intensità della radiazione che ha attraversato il paziente viene registrata su lamine sensibili (“fosfori a memoria”) che restituiscono successivamente questa informazione dopo lettura eseguita tramite un raggio laser. Un altro sistema utilizza lamine sensibili ad accoppiamento di carica elettrica (sensori a CCD) collegate al computer e in grado di fornire in tempo quasi reale delle immagini digitali di piccoli distretti, utili soprattutto in campo odontoiatrico (radiovideografia digitale).

In ogni caso, le immagini digitali sono dei veri e propri file informatici che vengono archiviati nel computer dell’apparecchio e possono venire aperti, copiati e trasferiti come ogni supporto informatico. I vantaggi più importanti delle immagini digitali sono:

  • possibilità di modificare “a posteriori” le caratteristiche iconografiche delle immagini, principalmente la densità e il contrasto, senza dover ripetere l’esame
  • risparmio di dose radiante rispetto alle pellicole tradizionali
  • archiviazione rapida in minimo spazio (CD-ROM) e recupero in tempi brevissimi
  • possibilità di teletrasmissione via cavo o Internet in maniera molto semplice, realizzando consultazioni e discussioni di casi da parte di esperti a distanza (“teleradiologia”).

Nelle applicazioni più avanzate i sistemi digitali consentono, partendo da sezioni TC contigue di un distretto del corpo, di ottenerne la ricostruzione secondo piani differenti o la creazione di modelli tridimensionali. Inoltre, partendo da pacchetti di sezioni TC di organi cavi, è possibile ottenerne la ricostruzione virtuale del lume e delle sue pareti interne, grazie a sofisticati programmi di modellazione e di rendering (“endoscopia virtuale”).